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ANPI Catania: solidarietà a padre Carlo D’Antoni

venerdì 12 febbraio 2010

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L’ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – di Catania esprime viva solidarietà a padre Carlo D’Antoni, parroco della chiesa di Bosco Minniti, - Siracusa.

In questo momento triste della sua vita e della sua attività civile. Sbattuto, dalla “forza degli eventi”, come se fosse un mostro, in prima pagina nazionale. Trattato ed additato, anche al “pubblico disprezzo” , con parole avvelenate trasudanti derisioni. Come un inno che conclama una verità di colpevolezza, certa ed inossidabile.

Eppure, da sempre - coadiuvato da un gruppo di persone -, mentre tutti gli altri volgevano lo sguardo altrove senza civile ed etica vergogna, ha prestato aiuto. Attivo e concreto. Con abnegazione e senza orari ‘ufficio”. In tanti hanno trovato tetto e cibo nella sua chiesa.

Agli ultimi degli ultimi. I migranti.

Quelli che, in questa nostra terra italiana, retta nominalmente dai valori e dalle norme costruite dai partigiani della Lotta di Liberazione e dai padri costituenti imperniate su pace, solidarietà ed accoglienza, sono ora braccati, sfruttati, perseguitati, estromessi dal civico consesso, incarcerati, espulsi e rimandati indietro nell’inferno dei vivi di provenienza.

Eppure sono essere umani. Uomini, donne, bambini. In carne, ossa, sentimenti, passione civile e tanta voglia di esserci.

Scappati da guerre, torture, fame e disperazione.

Giusto per cercare di dare risposta al principio fondamentale di esistenza che caratterizza ogni essere umano: vivere.

Per Loro, rifugiati di fatto tutti, cercatori di speranza al loro destino, è complicatissimo, impossibile, tirare avanti senza il famoso permesso. Quello che deve soddisfare le bramosie delle famose e famigerate quote centellinate, che si perde irrimediabilmente dopo sei mesi in caso di licenziamento. Con l’aggiunta dello stillicidio discriminatorio inoculato dal grande “pacchetto” di norme generali o locali in atto in questo nostro paese ancor detto democratico.

Per le leggi ora vigenti, i senza permesso sono una categoria rea a priori, pur non avendo commesso danno a persone o cose. Anche gli altri, i cosiddetti regolari, i Rom, sono da alcuni anni sottoposti, vittime, di una violenta campagna razzista, sapientemente e scientificamente costruita, e massicciamente divulgata.

E, poi, uomini e donne, sfruttati, come bestie immonde, nelle attività lavorative ormai abbandonate dai “nostri”.

Come schiavi, senza dignità e diritti.

Cercare di vivere così è impresa molto ardua, quasi impossibile. Si nascondono nei “sottofondi”, come topi, per non essere acchiappati. Loro, i migranti, che alzano un grande grido di dolore, ovviamente, si appigliano a qualsiasi cosa, pur di tentare di uscire dalla grinfie che vogliono calpestare la loro umana esistenza.

Sembra quasi il 38 o il 23, del secolo scorso, quando i cittadini di altra religione ( ebrei), le persone considerate differenti nei loro comportamenti sessuali, gli antifascisti, amanti di libertà, giustizia e democrazia, vennero schiacciati, perseguitati, condannati, incarcerarti e, poi, consegnati ai Lager, in virtù di apposite norme che li condannava a priori, sol perché erano considerati diversi, dato l’appartenenza a queste “categorie” umane stilate dai legiferanti.

“ Non mi avrete”

Ho fame, non mi date da mangiare
Ho sete, non mi date da bere,
Ho freddo, non mi date da vestire,
Ho sonno, non mi lasciate dormire!
Sono stanco, mi fate lavorare,
Sono sfinito, mi fate trascinare,
un compagno morto per i piedi,
con le caviglie gonfie e la testa
che sobbalza sulla terra
con gli occhi spalancati.
Ma ho potuto pensare una casa
In cima a uno scoglio sul mare
Proporzionata come un tempo antico.
Sono felice: non mi avrete.

Lodovico Belgiojoso Lager di Gusen, 1945

A.N.P.I. – Associazione Nazionale Partigiani d’Italia –
Sezione di CATANIA




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