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I tagli del governo alle Zfu

lunedì 11 gennaio 2010

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Non finiscono mai di sorprenderci i ministri del governo Berlusconi,
soprattutto quando si occupano del Sud: non perdono
mai l’occasione di dare una sforbiciata alle risorse
disponibili o di complicare ulteriormente l’attuazione delle poche
misure sopravvissute alla distruzione sistematica delle politiche di
sviluppo, inaugurata con il saccheggio del FAS. Stavolta ci ha
pensato il ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola a
dare una mazzata alle zone franche urbane, approfittando del decreto
“mille proroghe” di fine anno (DL 30/12/2009 n. 194 pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale del 5/01/2010).

Nel clima buonista e
disattento delle feste ci eravamo fidati del comunicato emesso il 22
dicembre dal ministero che confermava l’avvio della fase operativa
delle zfu, diventate 23 per la decisione di aggiungere L’Aquila, la
città colpita dal terremoto dello scorso aprile. Mal ce ne incolse,
perché siamo stati ricondotti alla dura realtà dalla lettura del testo
dell’articolo 9 comma 4 del DL 194, che in gran parte ripresenta
i contenuti dell’emendamento governativo al disegno di legge della
Finanziaria che limitava all’ICI i vantaggi fiscali, dichiarato inammissibile
dalla Camera dei Deputati.

Per chiarire
i termini della questione: alla piena attuazione
dei provvedimenti, voluti dall’Esecutivo Prodi
nel 2006, mancavano ormai solo il decreto del
Ministero del Lavoro per la definizione del massimale
di esonero dal versamento dei contributi
previdenziali ed il decreto del Ministero dell’Economia
per definire le modalità di applicazione
delle agevolazioni fiscali. Si trattava di
due adempimenti amministrativi non particolarmente
complessi, una volta che con la Decisione
della Commissione Europea del 28
ottobre era stato superato l’ostacolo del consenso
obbligatorio da parte dell’Unione Europea.
Invece, utilizzando l’alibi della proroga al
31 marzo prossimo venturo per la presentazione
delle richieste da parte degli imprenditori, si è introdotta
una norma che stravolge e depotenzia
uno dei pochi strumenti esistenti di intervento
nelle aree disagiate delle città, soprattutto meridionali.
La norma, con il proposito dichiarato di semplificare le
procedure necessarie all’implementazione delle misure, assegna
direttamente ai comuni i 100 milioni di euro che costituiscono la
dotazione finanziaria delle misure. Ci si fosse fermati qui, non
avremmo avuto soverchie preoccupazioni; i guai vengono dalle
modifiche introdotte al comma 341 e seguenti della l.296/06 (la Finanziaria
del 2007) come modificata dall’art,2 comma 562 della
l.244 /07 (la Finanziaria dell’anno successivo). Mi si perdonino i
noiosi riferimenti legislativi, ma sono indispensabili per comprendere
il merito. In sostanza ai piccoli e piccolissimi imprenditori che
allocheranno nuove iniziative produttive nelle aree individuate non
è più concesso l’esonero totale per cinque anni (ed il progressivo
decalage per gli anni successivi) dell’imposta sui redditi e dell’Irap,
dell’ICI e dei contributi previdenziali, ma ad essi andranno semplicemente
contributi sull’imposta comunale immobili e sugli oneri
relativi al costo del lavoro, fino all’esaurimento delle risorse disponibili.
Si tratta di una drastica riduzione delle provvidenze fiscali
utilizzabili che renderà meno attrattive per gli imprenditori le zfu e
costituirà un disincentivo soprattutto alla nascita delle microimprese
giovanili e di quelle che potrebbero nascere dall’attivazione
delle esperienze presenti nel territorio. Il vicepresidente del Parlamento
Europeo, Gianni Pittella, ha segnalato il rischio che la
modifica unilaterale da parte del Governo italiano delle condizioni
convenute con la Commissione Europea, assai restia ad
autorizzare forme di fiscalità di vantaggio, possa provocare la
messa in discussione della decisione dello scorso ottobre, paralizzando
l’intero percorso attuativo. Prevedo che dalla maggioranza
di centrodestra s’interverrà a giustificare il malfatto,
argomentando che è importante aver affidato le risorse ai comuni
e che l’abrogazione del c.341quater dell’articolo 1della
l.296/06 accelererà la concessione delle agevolazioni. Una
presa in giro che nasconde la volontà di superare nel giro di
qualche anno lo strumento, testimoniata dal non aver rimpinguato
nella legge Finanziaria di quest’anno la dotazione di risorse.
Cosa avverrà una volta che saranno esaurite le risorse
disponibili, che risalgono alle Finanziarie del centrosinistra? In
assenza di finanziamento nazionale dovranno essere le Regioni
a farsi carico di trovare i mezzi per istituire nuove zone
franche e per rendere più competitive le
agevolazioni in quelle esistenti. Dove li
prenderanno? Forse dai programmi attuativi
regionali del FAS, che ancora una
volta sostituirebbero i fondi nazionali?
Per non parlare della partita tutt’altro
che facile che ciascuna Regione dovrà
giocare con la Commissione Europea,
in condizione di maggiore debolezza rispetto
ad una trattativa condotta dal Governo
centrale. Ricordo, al proposito,
che il progetto originale italiano sulle zfu
dovette essere modificato e reso quanto
più simile possibile al modello francese
proprio allo scopo di eliminare gli ostacoli
frapposti in sede europea. Attribuisco
alla distrazione provocata dalle
festività il silenzio dei sindaci dei comuni
interessati che dovrebbero rapidamente
attivarsi per impedire che vengano
annullati mesi di serio lavoro di preparazione e possibilità
di sviluppo produttivo preziose in questi durissimi tempi di crisi.
Il più distratto di tutti, in ogni caso, è il sindaco di Catania che
nell’intervista di fine anno al principale quotidiano del capoluogo
etneo affermava di attendere serenamente l’emanazione da
parte del Ministro dei regolamenti che, nel frattempo, il Governo
aveva abolito! Il “mille proroghe” dovrà essere trasformato in
legge dal Parlamento entro sessanta giorni dalla pubblicazione.
Nel frattempo, si potrebbe riprendere la proposta del segretario
del PD Giuseppe Lupo di approvare rapidamente un provvedimento
legislativo dell’Ars per estendere e rafforzare lo strumento:
sarebbe anche il modo con il quale alcuni esponenti
politici, che sottolineano ad ogni passo la loro autonomia dai
diktat romani, potrebbero trasformarla in azione concreta. Molti,
anche a sproposito, enfatizzano il mutamento del clima politico
in Sicilia: segni tangibili di tanta novità sarebbero un’inequivoca
condanna dell’operato del Governo da parte del Presidente
della Regione e l’impegno assunto dalla Deputazione
siciliana alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica
a votare contro la conversione.

Franco Garufi
pubblicato su A Sud’Europa - 11 gennaio 2010




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