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Librino museo a cielo aperto

Gli abitanti del quartiere protagonisti di bellezza

mercoledì 24 febbraio 2010

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L’utopia di Antonio Presti prende forma. Al quartiere più popoloso e più giovane di Catania, il presidente della Fondazione Fiumara d’Arte donerà un museo fotografico a cielo aperto, un luogo di identità capace di legare centro e periferia, uno spazio d’arte e di creatività dove ognuno può trovare il proprio senso di cittadinanza.

Il suo percorso a Librino è iniziato dieci anni fa. Dopo una lunga storia a Castel di Tusa, Presti ha scelto Catania sentendosi legato al quartiere più popoloso della città. E lì, in un “non luogo” lasciato all’incuria e all’indifferenza, ha lavorato per dieci anni, partendo dalle scuole, per affermare il rispetto e il diritto alla cittadinanza. Un percorso che gli è stato riconosciuto anche dalle istituzioni: l’attuale amministrazione comunale gli ha conferito di recente la cittadinanza onoraria. Ma il suo cammino non conosce sosta e Presti continua a lavorare per seminare Bellezza, un concetto che per lui ha assunto un “valore di impegno”.

Oggi il presidente di Fiumara d’Arte ha reso ufficiale la realizzazione del museo fotografico all’aperto che sarà realizzato in collaborazione con l’associazione francese “Les pèriphèriques vous parlent”, le Facoltà di Lettere e Filosofia e con Lingue e Letteratura Straniere, che daranno agli studenti la possibilità di seguire i laboratori sperimentali di fotografia, la galleria “Luigi Ghirri” di Caltagirone e con il consiglio di quartiere di Librino e con Talita Kum, Rinascita San Giorgio, Caritas Diocesana di Catania, Officina culturale South Media, Terre Forti, Oratorio Giovanni Paolo II, Chiesa di Santa Chiara, Chiesa Resurrezione del Signore, S.O.S. Famiglia, Taglio e Cucito, Iqbal Mash, Briganti, San Giorgio Calcio, La Periferica, Avis, Andos, Sporting Club Don Bosco, Librino Calcio, Librino Attivo, Misericordia, Il Sagittario Golden Star, Ginestra Bianca, H20.

E lo ha fatto in occasione della conferenza stampa organizzata proprio a Librino, nella sede del consiglio di quartiere, alla presenza del presidente Loredana Gioia, dei cittadini, degli artisti che lo affiancheranno in questo percorso già intrapreso e dei presidi e docenti delle Facoltà universitarie di Lettere e Filosofia e di Lingue e Letterature Straniere, del presidente della galleria fotografica “Luigi Ghirri” di Caltagirone, Sebastiano Favitta, del docente universitario di Storia e tecniche della fotografia, Francesco Ruggeri, e della coordinatrice artistica Cristina Bertelli.

“Terz’occhio Meridiani di luce” si arricchisce di un altro tassello: dopo la realizzazione della “Porta della Bellezza”, la più grande opera in terracotta del mondo, creata dai 10.000 bambini del quartiere, arriva il museo delle immagini. Presti ha voluto chiamarlo così perché il terzo occhio è quello del cuore, l’occhio visionario.

Per sviluppare il museo Antonio Presti ha voluto la collaborazione artistica di uno dei più grandi nomi della fotografia internazionale: Reza che con il suo obiettivo ha raccontato la guerra come nessun altro. Il fotoreporter di origini iraniane, residente a Parigi, opera nel campo del fotogiornalismo ma è anche uno dei più grandi difensori della fotografia come mezzo di evoluzione sociale. Reza interverrà a Librino dirigendo artisticamente il progetto fotografico del museo per farne un grande progetto pilota mondialmente riconosciuto. La finalità dell’iniziativa è infatti di valorizzare il quartiere e di creare dei legami sociali attraverso la sensibilizzazione all’arte degli abitanti e in particolare alla fotografia. Vuole inoltre creare un grande museo internazionale che si basa su una nuova concezione dell’arte visiva, e un centro di formazione internazionale ai nuovi mestieri dell’immagine dando vita così a un progetto pilota che possa essere preso a modello da altri attori sociali delle collettività territoriali europee perché possano adattarlo sul loro territorio.

È previsto il coinvolgimento di settanta fotografi siciliani, di cui 40 artisti visuali, 20 studenti universitari e 10 collaboratori ed esperti, e di un centinaio di ragazzi, residenti a Librino o in altri quartieri della città: workshop, formazione, creazione di un grande laboratorio sperimentale di fotografia unico al mondo. Dei 40 artisti visuali 20 saranno formatori di 5 bambini ciascuno, i restanti venti lavoreranno su progetti liberi. Ogni bambino potrà effettuare oltre 300 foto di persone nel loro ambito familiare, culturale, sportivo all’interno delle loro case, nelle chiese, nei luoghi di lavoro. A queste produzioni fotografiche si aggiungeranno quelle dei fotografi siciliani coinvolti nel progetto museo e quelle realizzate de Reza stesso.

Ne risulterà un “archivio sociale”, di almeno 30.000 immagini, che non ha eguali, espressione e prodotto di una fitta rete di relazioni tra gli artisti e gli abitanti di Librino, ma anche espressione artistica che si pensa fondatrice di questo museo innovativo.

L’insieme delle opere fotografiche sarà esposto in una grande mostra dal doppio titolo: “Una terra, una famiglia” per le immagini di Reza e “La mia terra, la mia famiglia” per le opere degli altri partecipanti al progetto. Reza donerà al quartiere la mostra fotografica, frutto del suo lavoro a Librino, che sarà allestita nella piazza dell’Elefante. Le sue immagini inoltre saranno anche installate sulle facciate cieche dei palazzi che hanno già dato il consenso e l’autorizzazione.

A questa operazione si aggiungeranno pubblicazioni fotografiche, documentari e un lavoro approfondito su internet.

L’idea di Presti è quella di un museo capace di mutare nel tempo: ogni anno infatti si arricchirà di nuove iniziative, di nuovi protagonisti, di nuove testimonianze.

La Fondazione abbraccia oggi la città trovando anche il sostegno delle associazioni culturali, di volontariato, del mondo della scuola e di tutto il quartiere, riunito in una rete sociale nella quale convergono più mondi, uniti nel nome della Bellezza, dell’Arte e dell’Impegno sociale.

Per la realizzazione del nuovo museo fotografico Presti ha, infatti, coinvolto numerosi condomini del quartiere con ognuno dei quali ha stipulato una convenzione che autorizza l’utilizzo di una facciata cieca del palazzo come spazio espositivo.

"Ognuno degli abitanti del palazzo, ogni giorno, tornando a casa, la mattina, il pomeriggio, la sera, riconoscendo la propria bellezza, la bellezza dell’anima, dovrà affermare con se stesso ’Io sono bello’. – spiega Antonio Presti - Quando tutti gli abitanti di quella periferia, un giorno, nella loro coscienza, sapranno dire ’Io sono bello’, allora Librino non sarà più un quartiere a rischio, un luogo dell’emarginazione, ma un territorio dove, attraverso la consapevolezza della bellezza, si riacquista il diritto alla cittadinanza".

Il percorso che ha portato alla realizzazione del museo all’aperto non è stato facile. Ma dopo dieci anni “Terz’occhio Meridiani di Luce” diventa realtà.

"La realizzazione del nostro progetto – spiega Presti - sarà possibile solo grazie ad un’esperienza decennale e ad un rapporto di fiducia con gli abitanti di Librino. Il nostro lavoro è sempre stato costruito sul valore del dono come condivisione e questo Librino lo ha compreso".

Chi è Reza Deghati

Reza Deghati

Reza Deghati (Tabriz, 1952, Iran) è un fotoreporter e umanista francese di origini iraniane. Si firma solo come Reza.

Ha iniziato la sua carriera per Agence France Presse. Ha lavorato per Newsweek, Time, Life, Paris Match, Stern, National Geographic.

L’Afghanistan visto con gli occhi degli afgani. Questo l’ideale ispiratore della Aina Organizzazione Non governativa. Nata da un’idea del celebre fotoreporter insieme al fratello Manoocher Deghati, la "prima agenzia fotografica indipendente" dell’Afghanistan post-talebano mira a dare una formazione specializzata agli operatori locali, per favorire anche attraverso i media il cammino della società afgana verso la democratizzazione. La sua vocazione all’insegnamento e alla diffusione del fotogiornalismo come strumento di riscatto sociale lo ha accompagnato per tutta la sua carriera. Il suo primo corso di tecniche di reportage fotografico risale al 1983, sempre in Afghanistan. Esperienza ripetuta nell’85 in Sudafrica, con i primi fotoreporter di colore.

Aina, la scuola-agenzia il cui nome in persiano significa “specchio”, è Organizzazione Non Governativa per la promozione della libertà di informazione e la formazione ai diversi mestieri dei media in particolare in direzione delle donne e dell’educazione dei bambini. L’azione inizia principalmente in Afhanistan, ma si è in seguito allargato al Marocco, Giordania, Uganda, Sri Lanka e comincia orail suo progetto europeo a Librino. Sino ad ora Ainaha formato un migliaio di afgani e ha contribuito al lancio di diversi progetti di media indipendenti, fra cui delle pubblicazioni per le donne e i bambini. Nell’agosto del 2001 Reza aveva infatti già dato vita a questa rete mirante a ripristinare la libertà di espressione sui media in Afghanistan. Finora, Aina ha costruito otto centri in varie province del Paese, che forniscono supporto alle principali pubblicazioni, alla produzione video e alla formazione di nuovi operatori. Attualmente impiega 25 volontari e professionisti dei media, dà lavoro a 250 afgani e forma 300 giornalisti e studenti.
Le testate sostenute da Aina raggiungono un pubblico di più di 250 mila lettori.




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