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Sant’Egidio: i Giovani per la pace scrivono a Lombardo

venerdì 6 marzo 2009

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La Comunità di Sant’Egidio negli anni si è fatta promotrice, tra le nuove generazioni di una cultura di pace a diversi livelli basata sull’integrazione e l’incontro con le diverse realtà presenti nelle singole città.

“NO AD OGNI VIOLENZA” è stato il titolo che ha accompagnato incontri, dibattiti, preghiere in ambito universitario e nelle scuole secondarie superiori. Gli episodi allo stadio Massimino di Catania, dove la violenza ha visto il suo culmine con l’uccisione dell’Ispettore Filippo Raciti, sono stati un motivo di riflessione ulteriore che ha dato l’avvio nelle città di Catania, Messina e Palermo ad un Movimento prettamente giovanile, denominato “GIOVANI PER LA PACE”. Il confronto tra i diversi giovani ha messo in luce il bisogno che gli stessi hanno di ascoltare parole di pace, di essere educati alla pace.

Sono migliaia gli studenti delle città siciliane che hanno aderito e tutt’ora ne sono parte attiva in vario modo.

I Giovani per la Pace animano diversi servizi ai più poveri, dalle Scuole della Pace nei quartieri di numerose città siciliane, al servizio “Amici per la strada” con le persone senza dimora; alcuni di loro vanno a trovare ogni settimana i romeni dei campi zingari di Messina, Catania e Palermo, altri vanno a trovare gli anziani negli istituti.

Il loro servizio ai più poveri è un segno tangibile che una cultura di pace e solidarietà aiuta a ricostruire un tessuto sociale all’interno delle città, spesso lacerato.


Lettera dei Giovani per la Pace alla Regione

Sig. Presidente,

noi, studenti siciliani del Movimento “Giovani per la Pace” , con questa lettera desideriamo rivolgere un appello a Lei e a tutti i responsabili delle nostre città, in un tempo storico che ci appare buio e percorso da un vento freddo. Da diversi anni il nostro Movimento si impegna con forza in favore di chi vive per strada, italiano e straniero, bambino e anziano. Molti di noi sono cresciuti sulle ginocchia dei propri nonni, ascoltando dalla loro stessa voce, il difficile percorso che hanno dovuto affrontare come siciliani per vivere in modo dignitoso ed offrire un futuro alle loro famiglie. Non ci è estranea l’umiliazione di chi, in cerca di lavoro all’estero o nella stessa Italia, trovava scritto “Non si affitta ai meridionali”. La Storia della Sicilia ci affascina e siamo orgogliosi di appartenere ad una terra definita “crocevia” o “porta” sul Mediterraneo.

L’arte del convivere è quello che ha fatto della nostra isola un luogo pacifico nel quale godere della ricchezza, frutto della diversità. Le scriviamo perché siamo allarmati dalle ordinanze e dai provvedimenti che nelle nostre città rendono la vita ancora più difficile a chi è già povero, sia esso italiano o straniero. Non siamo mossi da un facile sentimentalismo, ma dalla convinzione che l’accoglienza verso l’altro è sempre una risorsa, una ricchezza. Non è nostra intenzione elencarle i numerosi studi condotti sull’immigrazione e sui riflessi positivi per il nostro Paese (Dossier Caritas/Migrantes 2008). Piuttosto ci teniamo ad informarLa che, in questo tempo segnato dalla paura per lo straniero e dalla cultura del nemico, osserviamo tra noi giovani siciliani, una tendenza del tutto originale: il gusto di incontrare il diverso. Creda, nelle nostre scuole (licei, tecnici, università) è raro imbattersi in giovani contrari all’integrazione! E’ più facile invece incontrare ragazzi disposti all’ascolto e all’aiuto generoso per chi vive in condizioni di disagio. Non nascondiamo la crisi economica che attraversa la nostra Regione, ma le ordinanze contro i mendicanti non risolveranno i problemi economici e soprattutto non renderanno le nostre città più sicure. Temiamo, anzi, che l’investimento di risorse economiche, di personale della pubblica sicurezza per mettere in atto tali provvedimenti, impoverisca la lotta contro quello che rende realmente la Sicilia esposta alla violenza della criminalità organizzata. E poi, vietare di chiedere l’elemosina non rischia di incentivare l’agire a delinquere? Non vorremmo ritrovare un domani, accanto ai bambini dei quartieri a rischio, anche bande di piccoli nomadi assoldati dalle stesse associazioni criminali. Non regaliamo altra manovalanza alla mafia! Nelle nostre città siciliane i mendicanti rappresentano un numero esiguo. Pensi, a Catania sulla Via Etnea, coloro che chiedono l’elemosina nel vero senso del termine, sono solo 7 (sette), tra i quali un povero vecchio catanese che non arriva alla fine del mese. Si, perché questa crisi economica ha reso povero il nostro vicino di casa! Le tradizioni della nostra terra insegnano a noi tutti che dividere il poco che si ha non impoverisce. Amava dire il Cardinal Dusmet: (Arcivescovo di Catania alle fine dell’800): “finché avremo un panettello noi lo divideremo con il poverello”. In diversi quartieri persiste la tradizione di preparare all’aperto minestre calde da offrire a chi è più povero, almeno un giorno all’anno.

Senza enfasi, ma con un certo orgoglio, vorremmo ricordarle che la Sicilia, con la sua posizione geografica, con la sua Storia e la sua sensibilità, può essere un tesoro prezioso in questo momento storico. C’è una identità accogliente e genuinamente pacifica da ritrovare e riscattare. La nostra terra può rappresentare un esempio di convivenza anche nel nostro tempo. Non è conveniente seminare un vento freddo su un popolo abituato al caldo dell’accoglienza. Il rischio, secondo il nostro modesto parere, è quello di innescare meccanismi di intolleranza che non sappiamo dove porteranno. Esiste già una spirale di violenza, non occorre inventarne di nuove.

Sig. Presidente, spesso abbiamo sentito dire che il futuro della Sicilia sono i giovani, eppure stiamo attraversando una tra le più gravi emigrazioni dei giovani del sud dal secondo dopoguerra (Rapporto SVIMEZ 2008 sull’economia del Mezzogiorno). A “rubarci il lavoro” non sono gli stranieri disperati in cerca di speranza sulle nostre coste. Il mercato, la ricerca sfrenata della ricchezza, il precariato, ci spingono ad andare fuori. Molti di noi vorrebbero rimanere per rendere più bella la nostra Sicilia.

In conclusione, desideriamo dirLe:

Vogliamo essere un ponte nel cuore dell’Europa, protagonisti della Storia, come un emigrante famoso, Giorgio La Pira. La Sicilia non uscirà dalla sua condizione periferica imitando falsi modelli di sicurezza.

Non vogliamo allinearci a correnti di pensiero che non appartengono alla nostra cultura e tradizione.

A noi piace una Sicilia calda, accogliente, colorata come la “vucciria”.

La ringraziamo per il suo ascolto. Speriamo che le nostre parole possano aiutare Lei e tutti i Responsabili delle nostre città a compiere scelte per la costruzione di un mondo per tutti.

I Giovani per la Pace della Sicilia




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