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Speciale Urbanistica parte 1 - Quattro ragazze per le strade di San Giorgio

venerdì 9 maggio 2008

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Certo, avvicinarsi per la prima volta ad un quartiere come San Giorgio con macchina fotografica in una mano e carta e penna nell’altra non era proprio il massimo che potessimo fare per essere “accettati” in una realtà non nostra, e neppure il massimo che poteste aspettarvi o desiderare prima del nostro arrivo: scrutare gli angoli delle strade, alzare gli occhi e col naso in su contare il numero di piani degli edifici, mangiare seduti sul marciapiede cercando di valutare lo stato di conservazione della struttura… All’inizio abbiamo affrontato le nostre ricerche sul luogo come ciniche osservatrici, quasi restie ad un contatto con gli “altri”,voi, gli abitanti di San Giorgio, perché, forse per sentito dire, “era meglio così”. Da outsider ci approcciavamo ad analisi “quasi” tecniche che più si addicono al nostro status di studentesse universitarie e per questo, sì…è vero… non sono mancate domande, curiosità, paure e spesso anche qualche passaparola per tenerci sotto controllo, magari celati dietro i vetri di una veranda o su, nelle terrazze, mentre noi facevamo i nostri rilievi, ma tutto sommato bisogna dire che la coesistenza non è andata poi così male, alcuni di voi hanno cercato di raccontarsi, di farci capire, e dobbiamo ammettere che, ad oggi, anche il nostro atteggiamento è notevolmente mutato.
Entrando in una zona di Catania per noi distante chilometri di strada e di esperienza, abbiamo trovato un ambiente nuovo, qualcosa da esplorare con attenzione, e da cui trarre, come è ragionevole fare, buoni e cattivi esempi.
Ecco che più di un passante ci consiglia di evitare le foto perché “questa non è una bella zona e a qualcuno potrebbe dare fastidio quello che fate”, mentre altri ci chiedono di fare qualcosa di buono per questo luogo che sembra essere stato dimenticato da tutti, qui, nella periferia sud di una Catania sempre meno interessata a se stessa e a chi la vive: quello che abbiamo percepito come sensazione forte in questo quartiere è una certa propensione alla rassegnazione da parte degli adulti ed una speranza di possibile cambiamento negli occhi dei giovani. Giovani che lavorano nell’unica bottega esistente nel raggio di ventuno isolati, ragazzini che giocano a pallone nelle strade, sui marciapiedi, nei pochi frammenti di verde incolto che sono rimasti inedificati, tra un capannone e l’altro.
E a proposito di capannoni… ci chiediamo come mai voi, abitanti di San Giorgio, abbiate lasciato che alcuni di questi cadessero totalmente in disuso, diventando ben presto luoghi preposti a discarica legittima e quindi pericolosi per tutti quei bambini che il sabato mattina vivacizzano le strade con le loro grida: chi vive qui viene considerato “padrone” del proprio territorio, a torto o a ragione, e dunque…perché non organizzarsi per far sì che luoghi del genere possano essere utilizzati in maniera utile e costruttiva?
Oggi comprendiamo più cose e stiamo facendo lo sforzo di entrare dentro il vostro mondo, se pur con grande difficoltà, di capire quei meccanismi che innescano malcontenti e disagi.
In questa nuova ottica, e con questo spirito mutato, le domande più frequenti che ci poniamo sono: “Perché non vi interessate al vostro quartiere con lo stesso entusiasmo con cui ne parlate? Perché rimangono spesso solo parole? Perché questa rassegnazione? Vi interessate di ciò che è vostro ma non volete sapere cosa accade a pochi metri di distanza? Dove sono gli studi professionali (eppure ci siamo confrontati con ragazzi laureati)? Dove sono finite le attività commerciali ed i luoghi di ritrovo?”
Per ora vi lanciamo queste domande e i nostri dubbi solo attraverso le parole, ma presto speriamo di poterle tradurre in qualcosa di concreto, attraverso le nostre elaborazioni di progetto e le nostre idee di miglioramento. Speriamo di poter contare sul vostro aiuto, soprattutto in questa nuova fase di lavoro; la Periferica ci sta già aiutando, avendoci dato la sua disponibilità di collaborazione, ma sul campo, direttamente con voi, possiamo fare anche di più.




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