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Uno spot per il “caso Repubblica”

martedì 12 febbraio 2008, di Natya Migliori

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Eravamo più di quattro amici al bar, tre sabati fa nei pressi della fontana dell’Amenano. Eravamo uno staff che, pur conoscendosi poco o quasi nulla, ha scelto di lavorare insieme per un obiettivo comune: rendere pubblica la vicenda, nota (a pochi, purtroppo) come “il caso Repubblica” a Catania.
Rendere nota, in altre parole, con l’aiuto e l’apporto della rivista catanese “Casablanca” e grazie alle iniziative di “Libera Informazione”, l’ennesima vergogna legata al monopolio dell’informazione catanese. Di che si tratta?
Beh, semplice da spiegare. Fin troppo, forse.

Il famoso quotidiano, per un accordo con l’editore de “La Sicilia” Mario Ciancio, a Catania, Ragusa e Siracusa esce sì, ma senza le pagine di cronaca regionale.
Senza quella sezione che riguarda in prima istanza Palermo. Il capoluogo. La sede della Regione Siciliana. Con annessi e connessi.

Un’edizione monca, creata “ad hoc” esattamente nella città in cui viene stampata: Catania, appunto. E che, per di più, è venduta al medesimo costo della copia “integra”.
I lettori catanesi, ragusani e siracusani, insomma, pagano il prezzo pieno per NON conoscere quanto avviene in Sicilia.

Il perché è intuibile. Anche in questo caso fin troppo.
Perché creare altra informazione regionale quando Catania redige già il “suo” quotidiano? Perché rischiare di dar corpo all’ectoplasma della controinformazione, rendendo noto attraverso altre fonti quanto avviene a Palermo?

Meno intuibili (ma forse no) le motivazioni di Repubblica.
Sta di fatto che Repubblica si stampa qui, a Catania, alla Zona Industriale. Presso uno degli stabilimenti di Mario Ciancio.
Con un risparmio notevole sui costi e sui tempi di distribuzione.
Ed effetti nefasti, appunto, sulla controinformazione.

Cosa ci facevano allora quei quattro amici tre sabati fa davanti all’ “acqua a linzolu”, muniti di telecamera, cavalletti e microfoni?
In una parola, ci credevano.
Credevano che uno spot scritto e ideato attraverso l’apporto di una animata mailng list e riunioni preliminari un po’ sgangherate e girato mettendo insieme competenze disparate (in alcuni casi disperate) e tanto entusiasmo, potesse dare una minima scossa elettrica alla coscienza dei catanesi.
E ci credono ancora.

Ci siamo incontrati di buon mattino (alle 7,30 circa) nei pressi dell’edicola che, con la santa pazienza del giovane proprietario, ci ha fatto da location.

I nostri professionisti (Giacomo Grasso, il regista, e Franco Russo, il tecnico del suono) si sono subito messi all’opera, mentre il folto gruppo di sceneggiatori, aiuto regista e aiutanti, si adoperava per rendersi utile, smistando il traffico variopinto della pescheria a due passi dal “set”.
Gli attori (due esordienti, fra cui la sottoscritta, e uno “navigato”) ripassavano le battute (due!) per dare il meglio di sé.

Alle dieci avevamo quasi finito, attorniati da un variegato gruppo di catanesi che assisteva divertito ma composto. Persino utile, in qualche caso, riportando all’ordine qualche passante indisciplinato.
Alle dieci e trenta, con gli attrezzi del mestieri ben riposti e il nostro entusiasmo ancora in piazza, ci chiedevamo: e adesso?

Adesso non ci resta che diffondere.

E se qualcuno, anche solo uno, sentirà quella piccola scossa elettrica, beh, i quattro amici dell’Amenano avranno raggiunto il loro scopo.




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