mercoledì 18 marzo 2009, di
Vota quest'articoloDopo un giorno di riflessione (la notte porta consiglio?) l’editore-direttore-imprenditore Mario Ciancio Sanfilippo replica, finalmente, dalla prima pagina del suo quotidiano La Sicilia all’inchiesta di Report.
Che Ciancio non debba averla presa bene traspare immediatamente dal titolo dell’editoriale "Insinuazioni e notizie deformate".
Lo immaginiamo così, piccato, infastidito, seccato da quelle "insinuazioni" sul suo conto. Seduto sulla poltrona del suo studio all’ultimo piano del palazzaccio di viale Odorico da Pordenone; deve aver tamburellato nervoso le dita sulla sua scrivania in noce, certamente d’antiquariato, prima di decidersi a dare una risposta. Il vecchio adagio siciliano "calati juncu ca passa la china" questa volta non sembra aver funzionato: le agenzie scorrevano impietose sotto i suoi occhi. E poi i blog, i siti e le testate di base catanesi, i social network, i forum (anche quelli della versione web del suo giornale) tutti a parlare di lui. Di "Cianciopoli". Non lo consola neppure la pagina sulla trasmissione che i suoi amici di Repubblica hanno confezionato "edulcorata" dal caso Ciancio. La pezza peggio del buco. Un silenzio che sa di omertosa ammissione di colpevolezza. Peggio che se lo avessero citato. Tutti contro di lui. Tutta Catania, esclusa quella della neppure esigua corte del Conte Ciancio Sanfilippo, a puntare il dito verso quell’ufficio all’ultimo piano. E anche tra i suoi più fidati... quei sorrisetti, quelle espressioni di ipocrita comprensione, quei silenzi, quegli sguardi. Certo i politici locali tutti si sono ben guardati dal citarlo nelle loro dichiarazioni indignate, loro sono tutti "sotto scopa", ma fino a quando...? "Ingrati" deve avere pensato mentre svitava lentamente e di malavoglia la sua stilografica e sistemava gli occhiali.
"Non ho accolto l’invito a partecipare alla trasmissione su Catania, mia sfortunata e amata città".
"L’invito a partecipare". Così considera Mario Ciancio Sanfilippo la richiesta della Gabanelli a fornire la sua versione sui gravi fatti emersi dall’inchiesta. Un invito. Quasi fosse un cocktail o una puntata di Insieme di Salvo La Rosa.
Raramente Ciancio deve aver ricevuto richieste di chiarimenti, molti inviti, pochi chiarimenti. A questi ultimi non è abituato e ormai probabilmente non considera l’ipotesi che possa esistere qualcuno che non desideri invitarlo ma solo avere chiarimenti sui suoi affari e sulle modalità con cui questi vengono perpetuati. Come quei magistrati, nel dicembre del ’93, che ebbero la sfacciataggine di chiedergli chiarimenti sull’incontro, in quello stesso suo studio, con il boss Ercolano venuto a chiedere ragione di un giornalista che aveva avuto l’ardire di accostare l’appellativo "mafioso" al suo nome. "Si, l’ho incontrato" - aveva dovuto ammettere Ciancio - "Ma non ho subito intimidazioni". Non ne dubitiamo.
C’è poi, nella risposta del proprietario de La Sicilia alla puntata di Report, l’accenno a quella "sua" Catania "sfortunata". Che Ciancio consideri Catania sua proprietà lo possiamo ben immaginare, ma è nel considerarla "sfortunata" che emerge tutta la linea editoriale portata avanti nel suo giornale di fronte al malaffare, alla mafia, agli appalti truccati, alla miseria, alle tangenti, al clientelarismo che affligge Catania: sfortuna. I 100 morti l’anno ammazzati? Sfortuna. Vincenzo Santapaola? Il figlio sfortunato di un uomo sfortunato. Il deficit delle casse comunali? Sfortuna. L’omicidio del giornalista Pippo Fava? Sfortuna. Le inchieste della magistratura sui parcheggi di piazza Europa? Sfortuna.
Catania è una città sfortunata. E siccome siamo un popolo di superstiziosi, cara signora Gabanelli, a noi pare porti male anche solo parlarne di questa "sfortuna": "Catania" - prosegue Ciancio - "di tutto aveva bisogno salvo che di una trasmissione come quella realizzata dallo staff di Report". Parlare dei mali di Catania porta male, meglio tacerne. Il quotidiano La Sicilia docet.
Quali siano le motivazioni che hanno spinto Mario Ciancio Sanfilippo a "declinare l’invito" della Gabanelli sono presto spiegate: il direttore, che ha "conoscenza delle tecniche televisive" ha avuto paura che queste potessero essere utilizzate per raggiungere l’obiettivo prefissato dal conduttore. Nel caso della trasmissione Report - aggiunge Ciancio - obiettivo "purtroppo" raggiunto. Quale fosse l’obiettivo della Gabanelli Ciancio non lo spiega. Quindi noi possiamo legittimamente ipotizzare che l’obiettivo "purtroppo" raggiunto dalla Gabanelli sia stato semplicemente quello di raccontare la verità dei fatti.
Ma ammettiamo anche che Ciancio non abbia voluto misurarsi in un campo da lui giudicato "nemico". Che abbia temuto di finire come la foto del povero Claudio Fava sulle pagine del suo giornale ritagliata ad arte per far spuntare solo una rotula dell’europarlamentare. Ciancio, per sua stessa ammissione, ha "conoscenza" di queste tecniche e, non essendo un ingenuo, è giusto che se ne voglia tenere alla larga.
Ma allora perché non approfittare delle numerose pagine del giornale di cui è proprietario e delle sue reti televisive per spiegare a tutti i catanesi la sua verità dei fatti? Perché non smentire, con altrettanta dovizia di particolari, la meticolosa inchiesta della Gabanelli nella parte che lo riguarda personalmente? Perché limitarsi ad un trafiletto senza entrare nel merito delle accuse mosse dalla trasmissione? "Calati juncu ca passa la china".
Una risposta era doverosa. Troppo chiacchiericcio nei bar catanesi, quelli dove "la Sicilia" è in omaggio, per rimanere in silenzio. Ma scendere nei dettagli non è opportuno. Ciancio i catanesi li conosce bene. Dopodomani avranno dimenticato tutto. Soprattutto se il Catania ci regala una bella vittoria con la Lazio. Avanti Mascara, spara un’altra cannonata da centrocampo. E sopra Catania riderà nuovamente la dea bendata della fortuna. Meglio se anche sorda e muta.
Vedi anche Una valanga di messaggi per Ciancio