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Il lavoro che uccide

giovedì 5 febbraio 2009, di Vito Lo Monaco

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Dodici morti sul lavoro in Sicilia a Gennaio. Vito Lo Monaco, presidente del Centro Studi Pio La Torre individua le responsabilità negli imprenditori e nelle loro rappresentanze che non hanno non hanno fatto della sicurezza un
punto centrale di orientamento.


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Nel primo mese dell’anno 2008 in Sicilia abbiamo avuto
dodici morti sul lavoro. Cifra che denuncia un indebolimento
grave delle misure preventive per la sicurezza nei
luoghi di lavoro. Se, sfortunatamente, si dovesse mantenere questa
media mensile di mortalità sul lavoro, alla fine dell’anno in Sicilia
si registrerebbe un totale di 144 morti cioè trentasei in più del
2008 e 60 del 2007.

Sono numeri abnormi; infatti, rapportandoli al totale nazionale e
considerando lo scarto negativo dei tassi di attività e disoccupazione
tra nord e sud, l’incidenza degli infortuni mortali sul lavoro in
Sicilia appare in tutta la sua drammatica grandezza.
Come ha già denunziato A Sud’Europa [1], pesa la mancanza di rispetto
delle norme di sicurezza e dei controlli preventivi. Il testo
unico sulla sicurezza, come denuncia il sindacato, non è attuato,
anzi è considerato, da parte datoriale, un impiccio per la flessibilità
del lavoro.

Esiste un’oggettiva responsabilità delle organizzazioni
datoriali rappresentative che della sicurezza
nei luoghi di lavoro non hanno fatto un
punto centrale di orientamento dei propri soci
.
Probabilmente, c’è anche un problema di formazione
professionale dei lavoratori che comunque
non giustifica la gravità del mancato rispetto
delle norme di sicurezza nei cantieri, nelle fabbriche,
nelle campagne e negli uffici. Sicuramente
pesa sulla situazione la crisi attuale che
accresce la pressione datoriale sui lavoratori sempre più preoccupati
per il loro futuro lavorativo incerto.
L’operaio specializzato morto l’altro ieri all’Eni di Gela lavorava da
oltre quattordici ore, perché non aveva saputo o potuto dire no a
quel massacrante turno di lavoro ad alto rischio.

Alle morti sul lavoro andranno sommati i morti provocati dalle recenti
piogge cadute su un territorio disastrato per l’incuria nella
quale è stato lasciato dalla mano umana e dalle politiche pubbliche.

A chi addebitare la responsabilità di quest’altre morti, se non a coloro
che hanno avuto e hanno la responsabilità del governo del
territorio e, quindi, della sua tutela?

La commozione sollevata è stata grande e molto partecipata
dalla gente comune dalle istituzioni locali e dal mondo del lavoro
angosciato dalla crisi.

Tutti si chiedono, cosa succederà se dovesse chiudere la Fiat
di Termini, se dovesse passare l’attuale orientamento del Governo
nazionale di togliere ulteriori fondi agli enti locali e alle
regioni, con la conseguente ricaduta negativa sui servizi e sull’occupazione,
se dovesse confermarsi l’attuale disegno di
legge governativo sulla giustizia che vanificherebbe l’uso delle
intercettazioni per perseguire le mafie
?

La Sicilia e il Sud si troverebbero stretti tra il disagio sociale
provocato dalla crisi economica e la morsa della criminalità organizzata.
In tante altre occasioni abbiamo sollevato il problema della minore
tutela dei lavoratori nei cantieri di quegli imprenditori mafiosi
o legati alla mafia
così come la crisi sta
offrendo nuove opportunità al crimine organizzato.
Infatti, i recenti episodi di guerre locali tra
gruppi mafiosi o le azioni di racket verso le imprese
lo confermano; dopo tanti successi della
giustizia, essi dimostrano una vitalità delle
mafie, seppur di minore spessore, che, in assenza
di una continua repressione giudiziaria,
riprenderebbero l’antico vigore.

È sconcertante la distanza dell’attuale dibattito
politico regionale e nazionale dalla drammaticità del quadro sociale,
sopratutto in presenza della preoccupante divisione dei
sindacati, facilmente ottenuta dalle manovre diversive del governo.
Infatti, questi, incapace di fronteggiare la crisi, al di là dei giochetti
di parole, impegna le forze sociali e quelle politiche sulla
politica contrattuale proponendo un accordo non sottoscrivibile
dalla Cgil, o inaccettabili misure sulle intercettazioni, rinviando
le misure anticrisi. Per fortuna le prossime scadenze elettorali,
europee e amministrative, saranno un banco di prova, per maggioranza
e opposizione, pure per gli elettori che avranno la possibilità
di giudicarle con il voto.


Pubblicato su "A Sud Europa" - Febbraio 2009

Note

[1settimanale del Centro Studi Pio La Torre




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